L’XI edizione del Premio Città di
Vercelli per la poesia civile è stata vinta da Marcia Theophilo. Non si può non
condividere la scelta del comitato: quella della poetessa dell’Amazzonia è una
voce ben presente nella cultura poetica europea da almeno un quarantennio,
ormai, ed è una voce che si è sempre levata alta non solo per denunciare lo
scempio ecologico, ma anche, e soprattutto, per conservare. Nella sua lingua
particolare, mista di portoghese e idiomi della grande foresta, Theophilo
compie da sempre una fondamentale operazione di memoria e di custodia di quelle
microtradizioni e di quelle esperienze, fatte di rituali e di rapporto diretto
col mondo della natura, che le civiltà indie perpetuano da sempre, e che oggi
sono profondamente minacciate insieme all’ecosistema di cui fanno parte.
La poesia di Marcia Theophilo
narra, in tutte le sue forme, proprio di questa straordinaria continuità, e
contiguità, tra uomo e foresta. L’Amazzonia, nel suoi recessi più fitti e
impenetrabili, è impensabile senza la presenza delle comunità che la abitano e
che si relazionano con lei, dando luogo a miti e leggende che il poeta a sua
volta incarna e riproduce per lettori lontani, forse troppo, ma che ugualmente chiedono
di essere informati e sensibilizzati. Quella di Theophilo è una poesia che
sconfina spesso nell’antropologia, ma sbaglierebbe chi si aspettasse di leggere
una versione lirica di Tristi Tropici;
perché solo la poesia ha il dono di dare conto della storicità di ciò che
racconta e descrive, e così lo spaziotempo degli eventi rievocati si dilata
sempre oltremisura, diviene riscrittura del mito stesso, attualizzazione che lo
rende più prossimo, aprendo scenari impensabili per l’immaginario occidentale.
Promossa dal Festival di Poesia
Civile legato al Premio, appare oggi una nuova edizione delle poesie di Marcia
Theophilo per le Edizioni Interlinea. Nel
nido dell’Amazzonia rimanda, già dal titolo, al cuore del problema ma anche
alla visione metaforica della foresta come grande casa, come dimora di tutti,
come luogo nel quale una diversa declinazione dell’umano si è offerta e può
ancora offrirsi. Si tratta di un’antologia significativa del lavoro poetico
dell’autrice, attraverso ventiquattro poesie tratte dalle sue varie raccolte
edite, arricchita da un’appendice di inediti, da una nota introduttiva di
Walter Pedullà e, per la prima volta, dal Messaggio
che Theophilo ha indirizzato all’Unesco circa il dovere della salvaguardia che
coinvolge tutti, scrittori, intellettuali, politici, affinché il «polmone
verde» del pianeta non cessi di erogare ossigeno per l’intero genere umano. Un
ossigeno che non è solo facoltà del respiro, ma spirito nel senso più puro, cultura
che nasce e si propaga a fianco della natura stessa e che non smette mai di
dialogare con il mondo vegetale e animale di cui si sostanzia. Per questo non
possiamo non ringraziare Marcia Theophilo: questo ennesimo riconoscimento alla
sua poesia e al suo impegno non è che piccola cosa rispetto a ciò che ci aspetta.
Marcia Theophilo, Nel nido dell’Amazzonia,
nota di Walter Pedullà, Interlinea 2015, e. 12.00.
Noi alberi
Noi alberi viviamo di piogge
di rugiade eterne e delle brume
dei fiumi e degli oceani
di mattutini vapori
e delicate nebbie.
Durante il giorno il calore
dei raggi del sole
dilata i nostri corpi sublunari
che assorbono così, nel profondo,
la soavissima rugiada notturna.
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