Che certa poesia italiana abbia una predilezione per l’haiku è ormai un fait accompli. Esistono anche premi, in questo senso, sponsorizzati dall’ambasciata giapponese; si pubblicano antologie, si organizzano rassegne. Anche autori di fama ne hanno scritti, talora cimentandosi in forme più tradizionali, diciamo ortodosse (ma si ricordi che l’haiku italiano è una forma molto addomesticata dell’originale): per esempio Margherita Guidacci. Ora un altro poeta di area fiorentina, Mariella Bettarini (che qui propongo in un bel ritratto fotografico di Dino Ignani), congeda un piccolo, denso libro di haiku, ma portando nella scrittura alcune novità sostanziali. Bettarini, infatti, affronta l'haiku reinventandone dall’interno la struttura, che pur restando quella canonica dei tre versi di cinque, sette, e ancora cinque sillabe, in realtà si distende in una sorta di dialogo simpatetico con il lettore. Assistiamo a un ampliamento discorsivo, a un consegnarsi della parola non solo di verso in verso, ma anche e soprattutto di movimento in movimento. Gli haiku di Bettarini seguono precisi percorsi tematici suggeriti dall’ordine alfabetico, così la raccolta viene a configurarsi come un vero e proprio libro, un macrotesto con un suo ordine dove nulla può essere spostato o sottratto; ogni lettera è scandita in cinque movimenti interni, ciascuno corrispondente a un haiku. Non può non venire in mente, dietro la grazia e la leggerezza del dettato, l’idea di una decisa sperimentazione, di un progetto coerentemente perseguito, come nel caso dell’Ipersonetto di Andrea Zanzotto. Una sorta di iper-haiku è quanto Bettarini ci offre di tappa in tappa, dalla “a” di Animali alla “z” di Zenith. Ho parlato di leggerezza, ma in realtà – questo è sempre il miracolo della poesia – l’autrice insegue massimi sistemi, valori assoluti. Di lettera in lettera ridisegna una sua personale, ma quanto comunicante assiologia; la volontà di rivolgersi al lettore, coinvolgendolo, è continua e sempre attestata dalle incessanti domande, dal fraseggio locutivo, che perviene infine a un’assertività quieta, a una specie di distaccata saggezza lungamente conquistata negli anni. In questo senso questi Haiku alfabetici, che inaugurano la collana di poesia della nuova casa editrice Il ramo e la foglia, diventano quasi un viatico: «accogliamo ogni inizio / felicemente», scrive Bettarini, invitandoci con ciò a recuperare anche dalle macerie del vissuto le certezze che il tempo ancora può consegnarci. Con la grazia del gioco linguistico, segnato a fondo da assonanze, richiami interni di ogni genere, omofonie, figure etimologiche vere o false, arcaismi, quindi giostrando abilmente la retorica del linguaggio poetico, l’autrice ci “accoglie” (altro termine importante del libro) tra le sue riflessioni, i suoi ricordi e i suoi bilanci; si distacca così dalla tradizione della forma, evitando quadretti e bozzetti legati alle stagioni e ammonendoci carezzevolmente, da questo «perso / groviglio, nuovo, di gridi antichi», come recita l’epigrafe da Pasolini, che «quel che / conta è donare».
Mariella Bettarini, Haiku alfabetici, disegni di Graziano Dei, postfazione di Annamaria Vanalesti, Il ramo e la foglia 2021, e. 12,00.
L > Luce
Illuminante
luce che illumini
tu luminosa
Viva lucente
tu che il buio allontani
fammi tu luce
Ti dico grazie
per quello che ci doni:
luce – sì – luce
Se tu non fossi
come faremmo – oscuri
cuori oscurati?
E invece vivi
vivacemente vivi
di vita fonte
Stupenda questa tua lettura del libro di Mariella, caro Roberto, sei riuscito a farmi venire la voglia di rileggerlo nella nuova luce in cui lo poni. Grazie.
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