Solstizio di Roberto Deidier è il libro delle interrogazioni: dell'interrogare se stessi e la vita per una risposta a tanti, troppi misteri.
L'esistenza si riconosce nel senso e nel sentimento del viaggio, del sogno, dove due gesti - sollevare e deporre valigie - orchestrano la partenza per una ignota meta, un transito da vivere insieme ad altri, orme di un cammino in carovana, destini incrociati nell'immensa clessidra del tempo che tutti accoglie, come granelli di sabbia, ognuno diverso eppure fraterno in questo ritrovarsi fianco a fianco con visibili e invisibili nel passato nel presente nel futuro.
Ecco una delle tante possibili letture della storia di un uomo, eternato nella foto di un attimo significativo folgorante, onnicomprensivo, prima della scomparsa.
Un profilo maturo sfuggente e al contempo dunque fermo nell'istante della lucida estrema testimonianza. Poesia di esistenza dunque da salvare e tramandare, nel campo dell'autentico vissuto che illumina la coscienza della persona. E la sua passione di esistere.
Nel fulmineo di un'istantanea si ripercorre l'emozione dei ricordi, il ricordo delle emozioni.
Sta forse qui il palpito della verità che insiste nel bussare al cuore, e allora va colto, come dono assoluto da tenere in sé anche per testimoniarlo, perché a quel punto io non sono più solo io, ma la folla dei tu e del noi. Pur nel mio profilo unico rappresento gli altri.
Poi lasciarsi andare verso l'alba, mentre l'Autore ripete che «l'alba non è che un sogno della notte».
Parole che ci sorprendono, illuminano la pagina del libro e dell'anima.
In questo trapasso, spesso evocato prima che sia definitivo, si accendono le luci del presente e le luci della memoria, con le inquietudini dei giorni bui sulle aspre e dolenti note del quotidiano, nonostante tutto, però, c'è anche un margine – sia pur breve – per la felicità, che d'un subito appare e si dilegua, nell'alternarsi di splendori e oscurità.
Di Roberto Deidier si apprezzano gli affondi rapidi e incisivi nell'essenziale che tutto confessa di un dolore lacerante per stremata tenerezza, a tale proposito vorrei citare un verso: «che silenzio in una parola- padre».
Al centro dell'opera campeggia la figura simbolo dell'acrobata (alter ego dell'Autore), l'uomo che si destreggia in bilico sulla corda con consumata perizia a sfidare il vuoto sotto lo sguardo del pubblico pronto ad ammirarlo per la vittoria o piangerlo nel mortale incidente, mentre il respiro dell'equilibrista e della folla pulsano con ritmi più accelerati.
Questa è l'esistenza perché come afferma anche Kafka: «la vera via passa su una corda».
Incontriamo vita non solo affidata pericolosamente a sbarre e funi sopra l'abisso, ma sorretta da un filo di dialogo nella miriade d'incontri interpersonali che pullulano nelle città, nelle voci eccitate dei commerci e dei mercati. Questa apertura al respiro degli uomini si unisce, spesso per esempio, in palpitanti pagine di poesia, alla presenza del fiato marino, acceso nel vento che porta qui notizie di altrove, allora la lontananza assale aprendo nuovi spazi di luce e di lucente coscienza all'interiorità.
Concludo con una convinzione: solo i libri che hanno qualcosa da dire resistono nel tempo.
Questo di Roberto Deidier è proprio uno di quelli.
Paola Lucarini
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