venerdì 1 gennaio 2016

AILANTO n. 27 - Su Marcia Theophilo




L’XI edizione del Premio Città di Vercelli per la poesia civile è stata vinta da Marcia Theophilo. Non si può non condividere la scelta del comitato: quella della poetessa dell’Amazzonia è una voce ben presente nella cultura poetica europea da almeno un quarantennio, ormai, ed è una voce che si è sempre levata alta non solo per denunciare lo scempio ecologico, ma anche, e soprattutto, per conservare. Nella sua lingua particolare, mista di portoghese e idiomi della grande foresta, Theophilo compie da sempre una fondamentale operazione di memoria e di custodia di quelle microtradizioni e di quelle esperienze, fatte di rituali e di rapporto diretto col mondo della natura, che le civiltà indie perpetuano da sempre, e che oggi sono profondamente minacciate insieme all’ecosistema di cui fanno parte.
La poesia di Marcia Theophilo narra, in tutte le sue forme, proprio di questa straordinaria continuità, e contiguità, tra uomo e foresta. L’Amazzonia, nel suoi recessi più fitti e impenetrabili, è impensabile senza la presenza delle comunità che la abitano e che si relazionano con lei, dando luogo a miti e leggende che il poeta a sua volta incarna e riproduce per lettori lontani, forse troppo, ma che ugualmente chiedono di essere informati e sensibilizzati. Quella di Theophilo è una poesia che sconfina spesso nell’antropologia, ma sbaglierebbe chi si aspettasse di leggere una versione lirica di Tristi Tropici; perché solo la poesia ha il dono di dare conto della storicità di ciò che racconta e descrive, e così lo spaziotempo degli eventi rievocati si dilata sempre oltremisura, diviene riscrittura del mito stesso, attualizzazione che lo rende più prossimo, aprendo scenari impensabili per l’immaginario occidentale.
Promossa dal Festival di Poesia Civile legato al Premio, appare oggi una nuova edizione delle poesie di Marcia Theophilo per le Edizioni Interlinea. Nel nido dell’Amazzonia rimanda, già dal titolo, al cuore del problema ma anche alla visione metaforica della foresta come grande casa, come dimora di tutti, come luogo nel quale una diversa declinazione dell’umano si è offerta e può ancora offrirsi. Si tratta di un’antologia significativa del lavoro poetico dell’autrice, attraverso ventiquattro poesie tratte dalle sue varie raccolte edite, arricchita da un’appendice di inediti, da una nota introduttiva di Walter Pedullà e, per la prima volta, dal Messaggio che Theophilo ha indirizzato all’Unesco circa il dovere della salvaguardia che coinvolge tutti, scrittori, intellettuali, politici, affinché il «polmone verde» del pianeta non cessi di erogare ossigeno per l’intero genere umano. Un ossigeno che non è solo facoltà del respiro, ma spirito nel senso più puro, cultura che nasce e si propaga a fianco della natura stessa e che non smette mai di dialogare con il mondo vegetale e animale di cui si sostanzia. Per questo non possiamo non ringraziare Marcia Theophilo: questo ennesimo riconoscimento alla sua poesia e al suo impegno non è che piccola cosa rispetto a ciò che ci aspetta.

Marcia Theophilo, Nel nido dell’Amazzonia, nota di Walter Pedullà, Interlinea 2015, e. 12.00.

Noi alberi

Noi alberi viviamo di piogge
di rugiade eterne e delle brume
dei fiumi e degli oceani
di mattutini vapori
e delicate nebbie.
Durante il giorno il calore
dei raggi del sole
dilata i nostri corpi sublunari
che assorbono così, nel profondo,
la soavissima rugiada notturna.

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