Sono passati otto anni da Chilometri da casa, la sua terza raccolta nello Specchio mondadoriano, e oggi Nicola Vitale – poeta, pittore, studioso di estetiche contemporanee – congeda un nuovo libro nella «Collana» di Stampa 2009, diretta da Maurizio Cucchi. Il direttore, antico e convinto sostenitore dei versi di Vitale, parla nella sua nota introduttiva di «pervasiva inquietudine esistenziale» che ci viene trasmessa in «una coinvolgente linearità espressiva»; tratti, questi, che non riconosciamo solo in questi Baci fuori bersaglio, ma un po’ in tutta la scrittura di Vitale, a riprova di una coerenza di percorso (che non vuol dire, però, che l’autore non si sia mosso e cresciuto rispetto ai suoi presupposti). Credo che sul piano tematico quelle inquietudini qui si ritrovino tutte, ma la chiarezza si è amplificata laddove ci saremmo aspettati una lingua più aggrovigliata, come se il dominio dell’espressione avesse, per converso, risposto con la pace dello stile ai rovelli di sempre.
Tra i suoi due territori, l’arte e la letteratura, Vitale ha stabilito delle inevitabili corrispondenze, o ne ha portato allo scoperto i nodi più intimi. I suoi dipinti parlano spesso la stessa lingua delle sue poesie, forgiano nel loro complesso una poetica dell’evidenza. Ma qui è il punto: ciò che a lungo si rende evidente, certo, diviene anche scontato, ovvio. Si finisce per non vedere più, per non sentire le urgenze più prossime, le stesse che Vitale, anche nei suoi versi, torna invece a farci avvertire, proprio attraverso questo scollamento fra temi e linguaggio. Le illusorietà della vita come quelle della morte, la vita nella nostalgia, le tracce del vissuto, anche tragico, «in quota», ad altezze montane che divengono metafora proprio di quanto le nostre abitudini allontanano o reificano: tutto questo rappresenta un panorama di significati recuperati, lì dove avviene lo scarto tra ciò che ci saremmo aspettati e l’inevitabile disillusione della realtà. Baci fuori bersaglio, appunto.
Libro compatto, come i precedenti, scandito in nove sezioni o tappe, anche questo recupera immagini care al poeta, tra visioni naturali e aspetti urbani. Non si tratta, però, di fotogrammi o bozzetti. La poesia consente a Vitale ciò che la pittura non ha: la dimensione della storicità, il suo muoversi nel tempo. Si veda soprattutto la sequenza intitolata Onde che ti rivoltano, dove sogni e pensieri sono còlti in una rincorsa «in vortici / che non si spiegano», lasciando così spazio all’ineffabile, ovvero al livello più segreto dell’espressività poetica. Ogni immagine è una metafora, come quella delle Porte socchiuse e allo stesso tempo è vera, tangibile, materiale. E ogni metafora parla la stessa sostanza dei ricordi, siano essi legati a momenti di serenità ormai trascorsi o a quelle irrequietezze che ancora segnano il nostro cammino nell’oggi, lì dove un’«incauta parentesi» può agire «incaute promesse» e nuovamente aprire un varco alle illusioni. Con la sua sobrietà, Vitale ci mette di fronte alla nostra «umana incompletezza», con tutta la disarmante semplicità di un carattere vero, terribile e necessario, suggeritoci come in un orecchio.
Nicola Vitale, Baci fuori bersaglio. Poesie 2017-2024, Stampa 2009, 2025, e. 14.00.
Rivolgimenti
È stata una notte
movimentata di ricorsi
come le onde che ti rivoltano
tra la sabbia soffice e la schiuma.
Si scoprono conchiglie
assopite, volate oltre la barriera
in zone pericolose e inospitali.
I sogni e i pensieri
spesso si rincorrono in vortici
che non si spiegano
che la fisica dei fluidi ancora
non ha saputo interpretare.
Assecondano le mie preghiere
di pace, la mia strenua ricerca
di un sensato ritorno.
Gesti intenzionati che dopo
la tempesta si fanno
più sobri e inoffensivi
nella notte che volge
alla definitiva eclissi.
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