venerdì 15 luglio 2022

AILANTO n. 67 - su Baldo Meo

 


In questo suo nuovo libro, Pareri sul mondo oscuro, Baldo Meo si colloca in quel solco della modernità poetica che proprio per riaffermarsi come tale ha necessità di volgersi indietro e di dialogare con l’antico. Con un formidabile scatto anacronistico, che ribadisce quanto sia inattuale il lavoro dei poeti (inattuale nel significato di un’attualità perenne, metastorica), l’autore congeda un’opera che è anche, per certi aspetti, una mise en abyme verso le proprie radici (la Madre, ma soprattutto il padre), ma anche una discesa verso i più intimi recessi della propria officina poetica. Squisitamente moderne, in questo scavo anche metatestuale, di riflessione sul rapporto tra scrittura e realtà, tra poesia e verità, non a caso queste ultime poesie si nutrono di influenze bibliche senza disdegnare di guardare anche ad altre tradizioni, come ammantandosi di un sottile velo orfico per ribadire quanto la nostra esperienza del mondo sia filtrata da simboli ed emblemi, il cui linguaggio non sempre collima con quello della praxis. Una sezione del libro si intitola Obsoleto, ed è titolo che suona come un ammonimento e non come una giustificazione retorica. Talvolta affiora perfino la lingua della liturgia, ed è come se il flusso del tempo, il tempo della maturità e del lungo apprendere, fosse imploso verso un inatteso punto di partenza, verso un’infanzia di nebulosi incensi. Come accade, del resto, ai tanti turiboli di cui si ammantano le poetiche del simbolo.

Meo consegna al lettore, spiazzando il suo orizzonte d’attesa, un’opera enigmatica e allusiva, densa di riferimenti sia alla storia della letteratura (si ritrovano per esempio autori distanti come Petrarca e Orwell, forse il Giovanni di Walcott) sia alla dimensione del sacro; intesa, quest’ultima, non come pratica fideistica, ma come luogo in cui s’incarna un discorso ancora possibile tra l’umano (un «mercato di segni non scritti») e quel nesso profondo, ancestrale che lo rende parte di un tutto più grande, inconoscibile e misterioso. Avevamo già trovato tracce ungarettiane, in questo senso, nel libro precedente, Conservazione della specie del 2017; ora il «mistero» si fa dominante, diviene segreto che si disvela a tratti, in modo sempre obliquo, e mai interamente. La «cavernosa città» dove il soggetto si aggira è un dedalo di «mappe interiori»; è nelle profondità dell’essere che la realtà conserva quella rete di immagini misteriose che solo l’oracolo, o il linguaggio della poesia che gli è affine, può in parte svelare. In questo «mondo oscuro», in questo addentrarsi in regioni infere, umbratili, Meo mostra una grande agilità di cammino: proprio perché deve inoltrarsi in questa dimensione ctonia il suo è un linguaggio di misura e di precisione. S’imbatte in creature del basso («lumache, sanguisughe, larve, tarantole»), spesso nascoste alla vista e temibili, tra le quali procede conservando necessari margini di sicurezza «tra memoria e destino», esercitando forme di saggezza proprio nel leggere, dietro ogni apparizione, dietro ogni incontro, il manifestarsi di un codice simbolico: per questa via alcune presenze si fanno totemiche (come il topo per il poeta), rinviando così a una conoscenza primaria, ben più antica dello stesso linguaggio. Ma se guardiamo al titolo di una sezione come Solitudine occidentale, si ha più che l’impressione che tutta questa impalcatura araldica sia anche rivolta verso la critica di una connotazione borghese, che porta a rivisitare la propria storia famigliare alla luce di un distacco impossibile e di un contraddittorio, sempre aperto, con altri valori che non siano quelli di una classe votata al conformismo, all’onorabilità, al perbenismo, all’ascesa: «l’aspidistra muore / soffocata dai ragni». Ed è su questo piano che scrittura poetica e biografia si scambiano drammaticamente le parti, rivendicando altre forme di emancipazione e di libertà e rappresentando così una tensione altissima, che è solo una parte del mistero di questo libro.

 

Baldo Meo, Pareri sul mondo oscuro, puntoacapo 2022, e. 15.00.

 

 

 

Che cosa ti aspetti che sia questo

mercato di segni non scritti,

questa attesa di visioni rivelatrici

sotto leggeri alberi estivi?

Il flusso di mille sensazioni

nel delirio dei molti te stesso.

 

Finché non viene rivelato in simboli

il mondo resta muto.

Nessun commento:

Posta un commento