mercoledì 23 agosto 2023

Tre poesie di Giona Ferrarese

L'amica Bianca Tarozzi mi segnala un giovane poeta, che non conoscevo. In effetti è al suo esordio. Ho ricevuto queste poesie che accolgo molto volentieri nel mio blog e nelle quali ritrovo una freschezza triestina, che mi fa pensare a poeti amati come Giotti e Saba. Ci sono i paesaggi di quella riviera, accennati in pochi tratti, in immagini minime ed essenziali; muri silenziosi - ma quanto eloquenti - che si contrappongono al viavai frenetico delle strade su cui insistono; la presenza di Ulisse e del suo nomadismo, che contrasta con la quiete di una panchina nel primo testo. C'è in queste poesie una capacità di messa a fuoco che si allontana decisamente dall'iperletterarietà e dal neo-ermetismo, maldigerito, di tanta poesia circolante. C'è un tono giusto del pathos e quel tanto di confidenziale che irretisce, nella sua felice ingenuità, il lettore. «E andando per via sorgono parole / in questa città di vento e lieve sole». Trieste e i suoi poeti sono tutti qui. Nel suo ultimo libro, Gli specchi della poesia, un lettore d'eccezione come Luciano Anceschi ribadiva che in poesia, più che il nuovo insiste l'ovvio. Non il banale, ma ciò che ci riguarda, più intimamente, al punto da non  riuscire più a vederlo. Ho ritrovato nei versi di Ferrarese la capacità di restituire quest'appartenenza disconosciuta, questo patrimonio di affetti e reazioni a cui ci abituiamo e che non sappiamo più ricaricare di senso.

Per via, le parole


Strade: asfalto di veloci passanti

automezzi, la mattina i clacson

il caos di giornate Triestine.

La quiete è nei muri, leggo di Ulisse,

seggo in una panchina, è con me Saba,

ancora naviga la via per la poesia

leggo pagine e perdo il segno

il vento giocoso fanciullo,

l’onda che culla i pensieri.

E andando per via sorgono parole

in questa città di vento e lieve sole.


Riva


Una piccola scintilla, un lampione di riflesso

su terreno di cadenti piogge, i sospiri di aspettative

si esprimono in fiati al freddo, sotto cielo, aspetto

che si consoli presto di prime luci, il mare riprende

colore nella sua canzone, l’intrecciarsi di note

ora è un’allegria, un’altra notte è stata vinta

sulla riva l’alba di felice intenzione.



Cercare


Un’isola in mezzo alle nebbie, isolato alla luce,

l’orizzonte incupito cancellato a tratti di matita

il mio vero volto celato dal cerone, e suona…

una singola melodia a ripetizione, colpo di scena:

ho sprecato il mio dolore, posso solo immaginare

gli istanti, qui un raggio di sole, il riflettore puntato,

l’istinto mimetico, ragazzo soldato senza una voce.


Bussola puntata verso Itaca, non ancora partito

sabbia di Ogigia, sulla mia pelle mani che non amo,

mi sento solo in questo letto, esco presto all’alba

per trovare un fiato, un grido, accendere un falò

inviarti segnali di fumo per dire che sono vivo

la mia voce ti raggiunga, lei che tesse mi aspetta

abbandono questo scoglio, da te torno da uomo.


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