mercoledì 15 luglio 2020

AILANTO n. 58 - su Marcia Theophilo






Dopo molte pubblicazioni apparse presso editori piccoli e medi di qualità, anche la poesia di Marcia Theophilo approda infine alla grande editoria. Nella prestigiosa collana dello «Specchio» Mondadori è appena apparsa una scelta consistente della sua scrittura in versi, da sempre centrata sui miti, le immagini, i costumi, i riti di quell’immenso e irrinunciabile patrimonio biologico e culturale rappresentato dalla foresta amazzonica e dai suoi abitanti. Nel disegno complessivo di questo nuovo libro, intitolato Amazzonia verde d’acqua, anche i testi già conosciuti si dispongono in un nuovo ordine, lasciando nel lettore ben più che l’impressione di una struttura unitaria, complessa e compatta, in grado di aprire la visuale della memoria, proprio attraverso quelle finestre già note, verso quanto è rimasto escluso, così che questo disegno diventa un tassello, una tappa, una parte di quel grande affresco che Marcia Theophilo dipinge. Lo dipinge con l’ostinazione di chi conosce a fondo i problemi che quelle latitudini e quelle civiltà subiscono; lo dipinge anche attraverso una sorta di innamoramento, che fa precipitare vorticosamente i testi verso una dimensione estrema, assoluta, come è quella di un universo primordiale, aurorale, raccontato anche con tutta la severità e il rigore di uno sguardo bambino. L’infanzia, infatti, è un vettore fondamentale nella prospettiva attraverso cui l’autrice si proietta verso qualcosa che le appartiene a fondo: un’eredità, un dna, una fortissima parentela che va oltre l’affinità, e sappiamo bene, dietro l’innocenza, quanto possa essere giudicante l’occhio di un bambino al quale quel mondo, intriso di realtà e di leggende, ogni giorno viene sempre più sottratto per interessi affatto sostenibili. Eppure, è ben più stratificato lo sguardo di Marcia Theophilo.
Accanto alla corrente sensuale con cui scrive e fa musica dei suoi versi, da antropologa che si è fatta poeta o da poeta che non rinuncia al sostegno dell’antropologia, si snoda un’altrettanta corrente di denuncia: da poeta civile che non ha bisogno di alzare il tono, tanto è sicura dell’esattezza della propria voce, riesce ad accendere quelle nostalgie d’infinito, e a smuovere il senso di qualcosa di inevitabilmente perduto, di cui possiamo però scattare un’istantanea per l’ultima volta, sempre sperando che non sia davvero così. Si legga, per esempio, l’avvio della splendida Radici, dove il presente e il passato travalicano la sfera individuale per diventare storia della specie: «Immobile davanti ai portoni / non li tocco e loro si fondono / pioggia inversa salendo dai muri / diluendosi al mio passaggio / materia disintegrata / mollemente posata sul giardino già sommerso / dove mi perdo / dove mi cerco / alla cui terra franata mi unisco». Questa oscillazione tra soggetto e mondo è costante, ed è ben più che il segno di un’osmosi che vorrebbe tornare a farsi sinergia, reciprocità, in un rispetto che è la più alta forma di amore e che corrisponde a una sola parola: cura. È davvero con cura che la poesia di Marcia Theophilo si accosta all’Amazzonia per restituircene, accanto alla bellezza del paesaggio, la forza straordinaria ma anche la sua precarietà. Il patrimonio che ci è stato affidato è un’eredità irrinunciabile, poiché ci rende ancora visibile l’origine del mondo: quando uomini, alberi e dèi parlavano quella stessa lingua con cui è scritto questo ininterrotto poema della natura.

Marcia Theophilo, Amazzonia verde d’acqua, Mondadori, pp. 336, e. 22.00.


Iurupari

Iurupari dio del sogno
i sogni che sono dentro di noi
non sono invenzioni della nostra fantasia
sono concreti
hanno colori
i sogni ci atterriscono
i sogni ci fanno felici
ci insegnano a vivere
giocano con noi e ci tormentano
ci indicano percorsi
i sogni aprono porte
e noi voliamo per terre sconosciute
Iurupari
               Iurupari

voglio volare sulle ali di Iurupari.

martedì 7 luglio 2020

Dino Villatico legge «Dieci poesie vissute a Palermo»



Grazie a DinoVillatico e alla sua attenta analisi metrica. Se pensi che sono già passati sei anni dall'uscita di Solstizio è davvero un privilegio che certi lettori continuino a occuparsene. Posto il link per visualizzare l'articolo.

https://www.cyranofactory.com/roberto-deidier-dieci-poesie-in-solstizio-mondadori/