L'amica Bianca Tarozzi mi segnala un giovane poeta, che non conoscevo. In effetti è al suo esordio. Ho ricevuto queste poesie che accolgo molto volentieri nel mio blog e nelle quali ritrovo una freschezza triestina, che mi fa pensare a poeti amati come Giotti e Saba. Ci sono i paesaggi di quella riviera, accennati in pochi tratti, in immagini minime ed essenziali; muri silenziosi - ma quanto eloquenti - che si contrappongono al viavai frenetico delle strade su cui insistono; la presenza di Ulisse e del suo nomadismo, che contrasta con la quiete di una panchina nel primo testo. C'è in queste poesie una capacità di messa a fuoco che si allontana decisamente dall'iperletterarietà e dal neo-ermetismo, maldigerito, di tanta poesia circolante. C'è un tono giusto del pathos e quel tanto di confidenziale che irretisce, nella sua felice ingenuità, il lettore. «E andando per via sorgono parole / in questa città di vento e lieve sole». Trieste e i suoi poeti sono tutti qui. Nel suo ultimo libro, Gli specchi della poesia, un lettore d'eccezione come Luciano Anceschi ribadiva che in poesia, più che il nuovo insiste l'ovvio. Non il banale, ma ciò che ci riguarda, più intimamente, al punto da non riuscire più a vederlo. Ho ritrovato nei versi di Ferrarese la capacità di restituire quest'appartenenza disconosciuta, questo patrimonio di affetti e reazioni a cui ci abituiamo e che non sappiamo più ricaricare di senso.
Per via, le parole
Strade: asfalto di veloci passanti
automezzi, la mattina i clacson
il caos di giornate Triestine.
La quiete è nei muri, leggo di Ulisse,
seggo in una panchina, è con me Saba,
ancora naviga la via per la poesia
leggo pagine e perdo il segno
il vento giocoso fanciullo,
l’onda che culla i pensieri.
E andando per via sorgono parole
in questa città di vento e lieve sole.
Riva
Una piccola scintilla, un lampione di riflesso
su terreno di cadenti piogge, i sospiri di aspettative
si esprimono in fiati al freddo, sotto cielo, aspetto
che si consoli presto di prime luci, il mare riprende
colore nella sua canzone, l’intrecciarsi di note
ora è un’allegria, un’altra notte è stata vinta
sulla riva l’alba di felice intenzione.
Cercare
Un’isola in mezzo alle nebbie, isolato alla luce,
l’orizzonte incupito cancellato a tratti di matita
il mio vero volto celato dal cerone, e suona…
una singola melodia a ripetizione, colpo di scena:
ho sprecato il mio dolore, posso solo immaginare
gli istanti, qui un raggio di sole, il riflettore puntato,
l’istinto mimetico, ragazzo soldato senza una voce.
Bussola puntata verso Itaca, non ancora partito
sabbia di Ogigia, sulla mia pelle mani che non amo,
mi sento solo in questo letto, esco presto all’alba
per trovare un fiato, un grido, accendere un falò
inviarti segnali di fumo per dire che sono vivo
la mia voce ti raggiunga, lei che tesse mi aspetta
abbandono questo scoglio, da te torno da uomo.
Nessun commento:
Posta un commento